Vaccino anti Covid-19: ancora un miraggio per molti
In questo momento storico il vaccino contro il Covid-19 è, senza ombra di dubbio, il bene più prezioso che abbiamo. Anche se qualcuno, probabilmente, potrebbe non essere d’accordo.
Resta il fatto che in molti abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando i vaccini sono stati approvati e la campagna vaccinale è partita in tutta la Nazione.
Forse però non ci rendiamo conto di quanto siamo stati fortunati. Sì, perché tante, troppe persone sono state escluse da questo privilegio. Mentre ancora qualcuno discute sulla sicurezza del farmaco, e la campagna vaccinale è arrivata a somministrare la terza dose, ci sono persone, nei Paesi più poveri, che non hanno ricevuto la prima. E probabilmente non la riceveranno prima del 2023.
La situazione vaccinale nel mondo
Nell’Unione Europea il 62,6% delle persone è completamente vaccinato; in Italia arriviamo quasi al 72%.
Per l’Africa è diverso: solo il 2,7% della popolazione ha ricevuto le due dosi di vaccino. Sono molte le voci dei leader del mondo che si sono spese perché nessuno rimanesse indietro ma, com’era prevedibile, le disuguaglianze rimangono.
“I Paesi ricchi hanno acquistato più della metà della fornitura mondiale di vaccini, sebbene la loro popolazione costituisca solo il 16% di quella mondiale. Gli stessi Paesi hanno finora somministrato oltre il 60% delle dosi, a livello globale, mentre oltre 100 paesi ancora non hanno vaccinato neanche una sola persona” condanna Amnesty International. La situazione sembra piuttosto chiara: solo se abiti in un Paese ricco hai il diritto a vaccinarti.
C’è anche da aggiungere che la distribuzione dei vaccini in Africa non è omogenea. Delle 136 milioni di dosi somministrate più della metà sono andate a soli 3 stati: Marocco, Egitto e Sudafrica.
Una possibile soluzione
La risposta a questo problema c’è, o meglio ci sarebbe e si chiama COVAX: un programma internazionale lanciato dalle Nazioni Unite per garantire un accesso equo e rapido a test diagnostici, terapie e vaccini contro il Covid. L’idea dietro a questo progetto è quella di condividere competenze ed esperienze per creare una rete di distribuzione del vaccino rapida ed efficiente.
Veniamo ai numeri: COVAX ha come obiettivo distribuire 2 miliardi di dosi ai paesi in via di sviluppo entro la fine del 2021. Considerato che le dosi distribuite ad oggi sono circa 300 milioni, possiamo dire di essere lontani dall’obiettivo. Anche l’Italia impegnata in questa campagna di “donazione”, fino ad ora ha offerto poco più del 13% dei 15 milioni di dosi preventivati.
Certo, non è una sfida facile. Va però detto che seppur l’OMS abbia consigliato più volte di posticipare la dose di rinforzo a fine 2021, buona parte degli stati ha già iniziato il programma per una terza somministrazione. Pensiamo a Israele che a metà settembre aveva già somministrato tre milioni di terze dosi, su 6,5 milioni di vaccinabili, e già prospetta una quarta dose, o l’Italia stessa dove è iniziato il terzo turno di vaccinazioni per le persone più fragili. Su questo fronte, i risultati che arrivano sono incoraggianti: con una terza somministrazione si prolunga la protezione del vaccino (che altrimenti andrebbe a calare passati i 6 mesi) e, come affermano i dati di Israele, la protezione alla variante Delta salirebbe al 95%. Insomma, la terza dose serve, come ha confermato il professor Pregliasco (Università degli Studi di Milano): “I dati israeliani sulla terza dose di vaccino anti-Covid ci dicono che è importante realizzare questa rivaccinazione, in particolare per i fragili e gli esposti”.
Sorge però un problema: i vaccini sono limitati.
Lo spiega il professor Cauda, docente dell’Università Cattolica e direttore dell’Unità operativa di malattie infettive al Policlinico Gemelli: “È vero che i dati che giungono da Israele segnalano una efficacia notevole, ma è anche vero che l’uso massivo nelle popolazioni dei Paesi ricchi delle terze dosi non farà altro che esacerbare la scarsa disponibilità di prime dosi vaccinali nei Paesi poveri. Questo è un serio problema, perché la scarsa vaccinazione di molti paesi non fa altro che produrre varianti e mettere a rischio anche noi dei cosiddetti paesi ricchi. La pandemia si vince tutti insieme o non si vince, per cui sulla terza dose ci vuole un atteggiamento di cautela”.
La situazione si è maggiormente aggravata con il blocco delle esportazioni dell’India, principale produttrice del vaccino AstraZeneca, che in primavera ha dovuto far fronte a una gravissima seconda ondata di contagi. Proprio dall’India sarebbero dovute arrivare le dosi per il programma COVAX.
Allora che fare? La risposta del Professor Cauda è quella di somministrare una quantità minore di vaccino, spiega infatti che “Un quarto o una metà dose sembra avere la stessa efficacia della dose intera. Una proposta che è stata avvalorata da uno studio analogo pubblicato su Science, nel quale si parla anche di metà dose con cui si otterrebbero gli stessi risultati di una dose di vaccino”.
Ridurre il dosaggio permetterebbe di mandare fiale nei paesi bisognosi, cercando così di attenuare una disuguaglianza che è moralmente inaccettabile, soprattutto in un momento come questo, in cui la salute sembra un bene solo per i più fortunati.
15 ottobre 2021